Il dolore nel cane e nel gatto è una condizione spesso sottovalutata, trascurata o ignorata. Ma è dovere di ogni veterinario impegnarsi a riconoscerlo.

Il dolore nel cane e nel gatto è una condizione spesso sottovalutata, trascurata o ignorata. Ma è dovere di ogni veterinario impegnarsi a riconoscerlo.

Il dolore negli animali è un segno clinico che purtroppo ancora oggi é ingiustificabilmente trascurato o sottovalutato. Come riconoscerlo?

La diagnosi del dolore nel cane, nel gatto e in tutti gli altri animali rappresenta per i medici Veterinari una vera e propria sfida in cui mettersi alla prova.

Il riconoscimento e la classificazione del grado di sofferenza provato dagli animali è difficile per via di due ordini di motivi:

– il primo è che gli animali non possono descrivere verbalmente la sofferenza come gli esseri umani

– il secondo è che le specie animali tendono a nascondere istintivamente la sofferenza: in natura, il dolore e la malattia equivalgono a vulnerabilità e attirano l’attenzione dei predatori.

Il dolore è un’esperienza difficile da gestire e i pazienti animali ne traducono la percezione principalmente mediante atteggiamenti comportamentali non sempre univoci e attraverso variazioni fisiologiche o risposte anomale agli stimoli e alle manipolazioni.

 

L’assoluta necessità di trattare il dolore nel cane e nel gatto

L’associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità definiscono il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata ad un danno tissutale, in atto o potenziale”.

Secondo la stessa Associazione, “l’inabilità di comunicare non nega in alcun modo la possibilità che un individuo provi dolore e richieda un trattamento analgesico “.

Questa affermazione è estremamente importante in Medicina Veterinaria, poiché sottolinea l’ovvia necessità di trattare il dolore anche in pazienti non in grado di comunicare verbalmente, come appunto quelli veterinari.

 

La diagnosi deduttiva per valutare il dolore e la sofferenza fisica nei pazienti veterinari

Tra le strategie adottate dai medici veterinari, l’osservazione e la valutazione delle funzioni fisiologiche dell’animale, ossia la diagnosi deduttiva, rappresentano il punto di partenza.

Per funzioni fisiologiche si intendono le alterazioni della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna, la ventilazione polmonare, la dilatazione delle pupille, le difficoltà motorie.

Tali misure però non rappresentano, da sole, degli stretti indicatori di stati algici, in quanto risultano influenzate da molti altri fattori oltre all’algia.

Alcune scale per la misurazione del dolore in uso medicina umana sono state adattate all’impiego veterinario.

 

La scala più utilizzata per il dolore del cane: il Glasgow Composite Pain Tool

Il sistema di valutazione proposto dall’Università di Glasgow consente abbastanza rapidamente di identificare il dolore acuto nel cane.

In pratica, è un questionario che sfrutta i dati ottenuti dall’osservazione a distanza, dall’interazione e dalla palpazione del quattro zampe.

Prevede 30 elementi descrittori, all’interno di 6 categorie comportamentali, compresa la mobilità.

All’interno di ogni categoria, i descrittori sono classificati numericamente e il punteggio finale, dato dalla somma dei singoli punteggi di classificazione, quantifica il livello di sofferenza del cane.

 

Purtroppo questa scala restituisce valori meno attendibili nel gatto

Le risposte comportamentali dei felini alla sofferenza fisica differiscono da quelle osservate nel cane.

Nel caso del gatto, infatti, a meno che non sia localizzato come quello ortopedico a carico di una o più articolazioni, il dolore viene espresso principalmente o esclusivamente mediante variazioni dello stile di vita.

Nei cani, invece, in presenza di algia è frequente l’insorgenza di cambiamenti comportamentali patologici, come la comparsa di aggressività, di ansia e di comportamenti compulsivi.

 

L’etica veterinaria nella gestione del dolore degli animali

Tutti gli animali, dai molluschi agli uccelli, dai rettili ai mammiferi, posseggono le componenti neuroanatomiche e neurofisiologiche necessarie per la percezione degli stimoli nocicettivi.

Gli animali sono in grado di avvertire il dolore a livello cosciente e l’etica contemporanea impone che una delle sfide della medicina veterinaria sia proprio quella di individuare e lenire la sofferenza di TUTTI gli animali.

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